CORVINO PRODUZIONI
in accordo con The Italian Literary Agency
Presentano
JACOPO VENEZIANI
“ P A R I G I “
Testo Jacopo Veneziani e Nicoletta Lazzari
Scenografie live painting Gabriele Pino
Musiche composte da Antonio Rimedio
Regia Pietro Grandi
Quale alchimia ha fatto sì che – a un certo punto della sua storia – Parigi sia diventata una calamita per intellettuali, scrittori, musicisti e artisti venuti da ogni parte del mondo? È la domanda alla quale intende rispondere Jacopo Veneziani, storico dell’arte e divulgatore, con questo spettacolo che vuole raccontare gli anni in cui la Ville Lumière è stata lo scenario di incontri che hanno segnato l’arte del XX secolo, il luogo “dove bisognava essere per essere liberi” (Gertrude Stein).
La narrazione prende avvio a inizio secolo a Parigi, al tempo delle avanguardie. Entreremo negli atelier sgangherati di Montmartre e ci siederemo nelle terrasses dei caffè di Montparnasse per capire come nacquero i colori infuocati di Matisse, le forme scomposte di Picasso, le figure allungate di Modigliani. Ma incontreremo anche poeti e intellettuali del calibro di Max Jacob, Guillaume Apollinaire, Jean Cocteau e straordinarie protagoniste femminili della vita culturale e artistica di quegli anni magici, come Fernande Olivier (modella e amante di Picasso), Jeanne Hébuterne (musa e compagna di Modì, lei stessa pittrice), Gertrude Stein e Kiki de Montparnasse.
Questa prima stagione cosmopolita fu interrotta però dalla Prima Guerra Mondiale, che come un colpo di spugna in breve cancellò il mondo al quale tutti loro sentivano ormai di appartenere. Gli artisti e intellettuali francesi vennero arruolati, molti degli stranieri partirono volontari e altri abbandonarono la capitale. Che aria si respirava per le strade di Parigi in quei tragici anni? C’era ancora spazio per l’arte? Lo capiremo intrufolandoci nell’atelier della pittrice russa Marie Vassilieff, uno dei tanti locali clandestini che, nonostante il coprifuoco, rimanevano aperti tutta la notte, nascosti dietro ad anonime porte in viuzze oscurate.
Riemergeremo a pace fatta e assisteremo a una cena memorabile presso l’hotel Majestic, dove – per la prima e unica volta – si riunirono intorno allo stesso tavolo Igor Stravinsky, Pablo Picasso, Serge Diaghilev, James Joyce e Marcel Proust. Quel che si dissero i cinque illustri convitati riassume alla perfezione il clima culturale e artistico della Parigi dei ruggenti anni Venti, popolati da principi e duchesse, prostitute d’alto rango e giovani rivoluzionari desiderosi di scuotere il mondo dell’arte. Come faranno poi i surrealisti André Breton, Man Ray, Salvador Dalì, René Magritte e la svizzera Meret Oppenheim, con i quali invece attraverseremo gli stravaganti anni Trenta, fino a un nuovo imprevedibile trauma.
Nel 1940, la Parigi libera e spregiudicata – rifugio per chi fuggiva dalla Germania di Hitler – piomba in un incubo: l’occupazione nazista. Come reagì il mondo dell’arte a questa tragica situazione? Lo scopriremo ancora una volta entrando negli atelier degli artisti che scelsero di restare, sbirciando negli uffici dei funzionari dei musei impegnati a documentare i furti di opere compiuti dai tedeschi o sedendoci al Café de Flore, dove Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir davano vita a quell’esistenzialismo di cui Alberto Giacometti catturò l’essenza nelle sue figure gracili e allungate.
Il racconto si concluderà negli anni successivi alla Liberazione, quando, nelle cantine di Saint-Germain-des-Près le nuove sonorità della musica jazz lasciarono intuire che, oltreoceano, New York si stava preparando a strappare alla metropoli francese il primato di “capitale mondiale dell’arte”.